Microsoft acquisisce GitHub: offensiva, speculazione o investimento?
Dopo un frenetico weekend di rumor e indiscrezioni, lunedì scorso è arrivato l’annuncio ufficiale: Microsoft ha siglato un accordo per l’acquisizione di GitHub, la più vasta e popolare piattaforma di hosting dedicata allo sviluppo software, e non solo, che serve una comunità di ben 28 milioni di developer (per 57 milioni di repository, 28 dei quali pubblici, dati di giugno 2018, fonte Wikipedia). Un’operazione dal valore di 7,5 miliardi di dollari (in azioni Microsoft) che si prevede di concludere entro fine anno.
In un comunicato stampa ricco di entusiasmo, Microsoft si dice intenzionata ad implementare la piattaforma coi propri tool e servizi, e di spingerne l’adozione in ambito enterprise. Come nuovo amministratore delegato è stato scelto Nat Friedman, attuale vicepresidente della divisione corporate di Microsoft e, rimarcato con una certa enfasi, “veterano dell’Open Source”, mentre l’attuale CEO di GitHub, Chris Wanstrath, diventerà un “Microsoft Technical Fellow” (una sorta di collaboratore/consulente tecnico). Nonostante questo prevedibile cambio al vertice, GitHub, viene assicurato, rimarrà una piattaforma aperta a tutti gli sviluppatori, che non verranno condizionati nella scelta dei propri linguaggi di programmazione, strumenti o sistemi operativi.
Parole che non sono riuscite a contenere le reazioni sul web, che soprattutto sui social non si sono fatte attendere: ironia e tanti meme, ma anche accese critiche interne alla stessa comunità Open Source per aver “tradito” il principio della decentralizzazione, eretto proprio per scongiurare derive e condizionamenti, in favore di una piattaforma dichiaratamente centralizzata. Non hanno perso tempo le piattaforme concorrenti (ma non meno centralizzate) come GitLab che, cavalcando il malcontento testimoniato dalle migliaia di tweet scambiati sotto gli hashtag del tipo #GitHubExodus o #MovingToGitLab (hanno addirittura creato un account @movingtogitlab ad hoc per “celebrare” e dare supporto agli utenti “migranti”), ha visto un picco straordinario di migrazioni: 250.000 progetti nella sola giornata di lunedì, un ritmo che ha perdurato per tutta la settimana. Sono numeri importanti, ma è ancora presto per parlare di una “diaspora”.
Cos’è GitHub e perché è così importante per la comunità Open Source?
GitHub è il più diffuso servizio di hosting di progetti software, a cui si può accedere tramite lo strumento di controllo Git, da cui deriva il suo nome, oppure tramite una interfaccia web, che semplifica l’utilizzo anche per i non sviluppatori. Grazie a questo è divenuto rapidamente una piattaforma di condivisione anche di progetti “non-software”, ed è possibile trovare letteralmente di tutto: modelli 3D, progetti hardware, ebook, manuali, ecc.
Git, creato a suo tempo da Linus Torvalds, già papà del kernel Linux, è uno strumento che permette di controllare in maniera semplice le diverse versioni di un file, una sorta di utility per la gestione delle revisioni, ed è ormai divenuto indispensabile per la collaborazione a più mani efficiente e ordinata su uno stesso progetto attraverso la rete.
GitHub, pur non essendo una piattaforma Open Source, offre spazio gratuito ai progetti pubblici e aperti, mentre è necessario pagare un abbonamento per avere degli spazi ad accesso privato. Questo, assieme alla modernità della piattaforma, che favorisce il social networking e fornisce tante ottime funzionalità per la gestione collaborativa dei progetti, ha fatto diventare questo servizio un vero punto di riferimento anche all’interno del mondo del Software Libero.
È proprio l’evoluzione di piattaforme come questa, assieme alla sempre più capillare diffusione di internet nel mondo, che ha reso sempre più rilevante l’Open Source, non solo nel mondo del software, ma anche a livello culturale. Un impatto culturale che non ha risparmiato Microsoft che, da acerrima nemica di un tempo ormai lontano, sotto la direzione dell’attuale CEO Satya Nadella, si è pian piano avvicinata e aperta alle migliori tecnologie Open Source, a partire dal kernel Linux, entrando con una Platinum Membership da 500.000 dollari l’anno nella Linux Foundation e portando al debutto Azure Cloud Switch, la sua prima distribuzione Linux orientata al cloud.
Aperture concrete e indiscutibili quindi, ma che ancora faticano a quanto pare a far “redimere” la propria reputazione agli occhi della comunità.
Cosa aspettarsi quindi dal prossimo futuro?
Secondo gli umori dei social, Microsoft non brillerà nella gestione della piattaforma, come non ha brillato in passato in altre importanti acquisizioni come Nokia, Skype e LinkedIn, e addirittura emergono le prime teorie complottistiche secondo le quali il prossimo obiettivo sarà proprio Twitter, per chiudere il cerchio sulle piattaforme più rilevanti per il controllo del mondo degli sviluppatori.
Quello che si può osservare è che, se giocata bene, questa può diventare un’importante occasione di rafforzamento e riaffermazione del brand e di peso “politico” in un ambito straordinariamente strategico come quello del coding. Maggiore scetticismo si può avere sull’entità dell’apertura all’Open: non vedendo all’orizzonte alcun cambio sostanziale al modello di business, il coinvolgimento nel mondo del codice aperto, almeno nel breve termine, probabilmente rimarrà circoscritto al contenimento dei costi di ricerca e sviluppo e al “re-branding”, ma in fondo, cancellate le barriere “ideologiche” di un tempo, non è detto che Microsoft non arrivi un bel giorno a stupirci.
Alternative?
Naturalmente i più scettici all’indipendenza proclamata da Microsoft per GitHub, soprattutto gli appartenenti al mondo Open, possono guardarsi attorno e cercare alternative. Ad esempio il già citato GitLab, servizio molto simile a quello acquisito da Redmond, e per giunta Open Source e liberamente scaricabile ed installabile su un proprio server, oppure BitBucket, un servizio popolare in ambito enterprise e che offre anch’esso spazio gratuito per i progetti aperti, o anche il celebre (fino a qualche anno fa) SourceForge, che proprio di recente è stato oggetto di un profondo restyling, o infine Launchpad, che tuttavia presenta un design piuttosto datato e per molti rappresenta più una piattaforma per progetti correlati a Canonical e Ubuntu che ad altro. La scelta insomma non manca, ma sarà molto interessante continuare a seguire il dibattito in rete e magari osservare la nascita di nuove tecnologie e piattaforme più avanzate e resilienti.
di Antonio Faccioli e Giovanni Longo