Open Source: quale futuro?
Sicuramente il termine Open Source è ormai uno di quei termini usato, ma anche abusato, da moltissime parti. E’ tuttavia innegabile che negli ultimi tempi si parla più spesso di tecnologie riconducibili a questo modello di sviluppo e business. La possibilità di uno sviluppo distribuito e condiviso è un elemento che sta interessando le aziende, permettendo di abbassare i costi di produzione ed allargare le potenzialità del prodotto stesso.
Secondo l’annuale rapporto di The future of Open Source di Black Duch, giunto alla sua decima edizione, su un campione di 1.300 aziende intervistate del settore IT (per 64 Paesi nel mondo) il 78% ha dichiarato di utilizzare al suo interno strumenti Open Source.
Il dato rilevato raggiunge un traguardo storico rispetto al 2010. Tra le ragioni dell’utilizzo di software open source ai primi tre posti risultano esserci la qualità delle soluzioni, caratteristiche competitive e possibilità di personalizzazioni, nonché correzione di bug.
Interessante è anche il cambiamento rispetto al rapporto dell’anno scorso sulle tipologie di software open utilizzate. Mentre nel 2015 risultavano ai primi tre posti – nell’ordine, Cloud Computing, Big Data e Sistemi Operativi – nel 2016 balza al primo posto il Sistema Operativo seguito dai Database e al terzo gli strumenti di sviluppo.
Da notare inoltre il cambio di motivazioni: mentre nello scorso anno al primo posto vi era la possibilità di accedere al codice sorgente e subito dopo la possibilità di personalizzare il software, quest’anno sale il vantaggio di utilizzare software libero per sganciarsi dai fornitori.
Le soluzioni open quindi possono offrire, in particolare alle piccole e medie imprese, una soluzione con costi contenuti, caratteristiche competitive con i software proprietari e la possibilità di superare il lock-in che viene generato dalle soluzioni proprietarie.
Quanto contribuiscono le aziende?
Il 65% delle aziende intervistate (dato in aumento) dichiara di partecipare attivamente allo sviluppo incoraggiando i propri dipendenti a prendere parte attivamente ai progetti. Se nel 2015 però veniva spinta la partecipazione per ridurre i costi di sviluppo, quest’anno spicca tra le motivazioni la chiusura di bug e l’implementazione di funzionalità.
Sotto il profilo della sicurezza vi sono alcuni aspetti da considerare. Il 47% degli intervistati ad esempio non ha una procedura chiara di approvazione del codice e alcune aziende procedono alla correzione delle vulnerabilità senza procedere ad una classificazione. Solo il 21% degli intervistati utilizza tool per la scansione del codice sviluppato. Tuttavia vengono utilizzati sistemi per il tracciamento delle versioni ed in particolare il 73% pubblica il proprio codice con GIT.
Quali le eccellenze?
Tra i casi studio citati dalla ricerca assieme a Acquia, Appnovation ed Eclipse vi è LibreOffice e il progetto di migrazione della Difesa Italiana LibreDifesa, che da qui al 2020 migrerà circa 120.000 postazioni desktop. Una eccellenza italiana della quale poter andare orgogliosi.